ottica

lenti a potere variabile

A cura di Rossotto Marco

Tempo di lettura: 7 min

Disclaimer

Il Team del BOOM Blog desidera chiarire che non ha alcun interesse commerciale o finanziario nei confronti dei prodotti menzionati. Il nostro unico obiettivo è fornire informazioni accurate e imparziali ai lettori, in modo da aiutarli a prendere decisioni consapevoli in base alle proprie esigenze. Ricordiamo inoltre che ogni persona potrebbe avere esperienze diverse con i prodotti menzionati, poiché le opinioni individuali possono variare. Prima di acquistare qualsiasi prodotto, si consiglia di effettuare ricerche aggiuntive e di prendere in considerazione diverse fonti di informazione. 

Figura 1

L’innovazione tecnologica in campo ottico non ha subito grandi ‘scossoni’ negli ultimi decenni. Sono state introdotte nuove tecnologie costruttive e nuovi metodi di acquisizione dei parametri soggettivi per la realizzazione di lenti freeform individuali, ma la lente  progressiva più evoluta a cui abbiamo accesso oggi è una lente che deriva dalla lente freeform del 1996. (Fig.1)

In quanto professionisti della visione dobbiamo far fronte ad un sempre più crescente e serrato sviluppo tecnologico. L’introduzione di dispositivi elettronici che richiedono l’impegno visivo da vicino è sempre più crescente. Questo aspetto, associato ad un importante aumento della popolazione a livello globale e ad un conseguente aumento dell’età media, spinge l’ottico optometrista a dover far fronte ad una richiesta sempre più crescente di compensazione della presbiopia.

In un articolo del 2018 si stimava che il numero di presbiti su scala mondiale ammontasse a circa 1,7 miliardi di persone, di questi più del 45% risultava essere un presbite non corretto a causa delle condizioni economico-sociali che affliggono soprattutto i paesi del terzo mondo. Sempre nello stesso articolo si stimava che nel 2030 oltre il 40% della popolazione mondiale sarà over 40 anni. 

Per questo motivo è necessario che l’optometrista, in quanto specialista della visione e dello stato refrattivo, sia in grado di rispondere presente a questo tipo di esigenza e che sia informato e aggiornato in merito alle novità tecnologiche nel campo della correzione oftalmica.

Partiamo dal principio, dal momento in cui il vetro viene lavorato per essere utilizzato come ausilio ottico. L’occhiale nasce sulla fine del 1200 proprio con l'esigenza di compensare quello che sembrava essere il disagio visivo principale del tempo ovvero la visione per vicino. Non erano tante le persone in grado di leggere e spesso chi ne era in grado era un soggetto anziano. Proprio in questo contesto in cui il ‘vecchio saggio’ non si trovava più nella condizione di poter leggere autonomamente e poter continuare a studiare e a far studiare. Nasce così la necessità di un ausilio alla lettura. Infatti le prime testimonianze grafiche della presenza dell’occhiale nella quotidianità degli studi degli accademici e dei religiosi (al tempo le poche figure che si potevano permettere di avere accesso ad una formazione che gli concedesse di poter imparare a leggere) ritraggono proprio monaci durante la lettura, partendo dal ‘Ritratto di Hugues de Saint-Cher’ (1352) passando per ‘Ecce Homo’ (1485-90) e ‘La Vocazione di San Matteo’ (1599-1600).  (Fig.2)

Figura 2

La lente monofocale però aveva diverse limitazioni, tra cui la scomodità di utilizzo. Per questo motivo nel 1784 nasce la lente bifocale la cui invenzione viene attribuita a B. Frenklin. Tale lente era in grado di supplire alla necessità di mettere e togliere in continuazione l’ausilio oftalmico e dare una visione confortevole da lontano e da vicino al soggetto. Il problema sostanziale della lente bifocale era ed è imputato al salto di immagine tra le due superfici distinte della lente, quella per lontano e quella per vicino. In questa zona infatti si genera uno scotoma e un già citato salto di immagine che influisce negativamente sulla performance visiva. (Fig.3)

Figura 3

Nasce quindi la necessità di unire queste due zone raccordandole. Prende forma in questo contesto la lente multifocale. All’interno della famiglia delle lenti multifocali oggi troviamo: le lenti a supporto accomodativo, le lenti office e le lenti progressive. Non entriamo ora in merito alla realizzazione di queste geometrie e al loro funzionamento, non essendo lo scopo principale di questo articolo, ma le citiamo essendo un tassello fondamentale nella cronologia costruttiva che ha portato alla realizzazione delle nuove tecnologie.

A questo punto siamo arrivati alla realizzazione della lente progressiva, lente che ad oggi risulta essere lo strumento oftalmico più all’avanguardia di cui disponiamo. La criticità principale di questo tipo di ausilio oftalmico risiede nel fatto che nelle zone tempiali e nasali, a causa delle esigenze costruttive della lente, la visione non risulta essere funzionale, introducendo effetti prismatici e astigmatismi indotti. Il difetto principale però risulta essere la distorsione delle immagini soprattutto nella zona di addizione. 

Come spesso accade da un’esigenza nasce l’innovazione e progresso. Per questo motivo seguendo la necessità di eliminare le distorsioni della lente multifocale prende forma il concetto di lente a potere variabile, dove su tutta la superficie della lente è presente un valore diottrico ma questo è in grado di variare a seconda della domanda visiva del soggetto. 

Esistono due principali famiglie di lenti a potere variabile: Potere variabile a stimolo meccanico e a stimolo elettrico. A loro volta suddivise in altre due sottocategorie (Fig.4)

Figura 4

La lente a potere variabile  a pompaggio di fluidi è stata una delle prime soluzioni realizzate. Un liquido (spesso usato il glicerolo) di densità e indice di rifrazione simile a quello delle membrane, che fungono da contenitore, viene inserito all'interno del sistema lente. Aumentando la pressione le facce della lente si deformano e aumentano il diametro centrale della lente andando a fornire un contributo diottrico maggiore. Caso analogo ma contrario facendo fuoriuscire il liquido dal sistema lente. (Fig.5) 

Figura 5

Questo tipo di soluzione oftalmica sembrava di semplice realizzazione ma portava con sé un problema enorme, ovvero quello della distorsione delle immagini e della differenza di ingrandimento tra il centro della lente, dove si otteneva il massimo incremento di valore diottrico e la zona periferica. 

La seconda famiglia di lenti a potere variabile con stimolo meccanico è la lente a traslazione. Questo tipo di lente segue il principio di Alvarez secondo cui allineando due lenti a superficie cubica e facendole scorrere tra loro si ottiene un potere positivo o negativo. Parliamone più in dettaglio. Prendiamo due lenti con le caratteristiche sopra descritte e facciamole combaciare sul lato piano, avremo un valore diottrico nullo pari a 0. 

Figura 5

Facendo scorrere le due lenti e avvicinando le basi tra loro otterremo una lente dal valore diottrico positivo mentre facendole scorrere in verso opposto otterremo una lente negativa. L’entità dell’apporto diottrico varia a seconda delle lenti di partenza. Esistono diversi occhiali che sfruttano questa tecnologia in commercio, di diversi prezzi e qualità. In principio non erano studiati e realizzati per la correzione presbiopica, ma destinati a quei soggetti con sbalzi di ametropia incostanti ed utilizzati da qualcuno per la fase di sospensione o drop out da Ortho-K. Nel 2021 la Voy ha realizzato un modello di occhiale a traslazione, presentato al CES 2021 (fiera internazionale dell'elettronica di consumo). L’azienda si è concentrata su un nuovo target di portatori, i presbiti, riducendo la possibilità di shift diottrico da 5D a 3D in modo da permettere al soggetto di regolare autonomamente l’addizione ma limitando il rischio di iper-correggersi (come invece accadeva con le 5D). L’occhiale in discussione è disponibile all’acquisto da giugno 2023. 

Figura 6

Passando invece alle lenti a potere variabile con stimolo elettrico troviamo l’electrowetting su cui non ci soffermiamo ma rimandiamo all’articolo BOOM #001.

A causa della notevole entità di voltaggio necessaria per modificare la curvatura del liquido, questo tipo di soluzione è impiegata oggi in campo ottico, più precisamente nella realizzazione di obiettivi di microscopi o fotocamere di device quali tablet e smartphone. Utilizzando lo stesso tipo di principio sono state realizzate le lenti oftalmiche a cristalli liquidi (LCL). Qui gli elettrodi non sono più disposti su tutta la superficie della lente ma sono disposti in maniera circolare formando cerchi concentrici con elettrodi trasparenti ed il voltaggio necessario per la modifica dell'orientamento dei cristalli liquidi è facilmente applicabile e gestibile attraverso l’impiego di una semplice batteria al litio.

Si rimanda all’articolo BOOM #001 per l’approfondimento sul funzionamento delle lenti a cristalli liquidi.

Nel 2014, la emPower realizzò il primo occhiale a cristalli liquidi. Il sandwich della struttura occhiale era formato da faccia anteriore (lente neutra), LCL e faccia posteriore (lente freeform). La faccia posteriore era una lente multifocale con addizione di +1.25D, la tecnologia a cristalli liquidi permetteva alla lente di addizionare un ulteriore +0.75D per un totale di +2.00D. La variazione diottrica era possibile grazie ad un tasto sull’astina o in modalità automatica inclinando il capo verso il basso. 

Il dispositivo non riscosse particolare successo a causa delle distorsioni indotte dalla superficie posteriore multifocale e dalla zona LCL che era visibile ad occhio nudo e di conseguenza disturbante.

Al CES del 2022, la startup israeliana Deep Optics, leader nel settore e nella realizzazione di lenti a potere variabile ha realizzato 32°N. 

Attualmente l’occhiale a cristalli liquidi è disponibile solo in versione sole e senza la possibilità di correggere l’ametropia da lontano, l’azienda ha già comunicato la volontà di supplire a queste mancanze entro la metà del 2024. 

Il dispositivo è gestibile direttamente dalla montatura attraverso un tasto sull’astina o da remoto tramite app. In questo modo, l’optometrista può settare un diverso apporto diottrico per le varie distanze per una gestione più professionale, senza lasciare l’autocorrezione dell’utente finale. In una piccola e centrale porzione della lente è possibile ottenere un’addizione di circa 5D per avere un effetto ‘lente di ingrandimento’. 

Il dispositivo è stato riconosciuto come innovazione dell’anno da TIME e alcuni dei leader nel settore dell’ottica hanno investito nella realizzazione del prodotto.

A fronte di quanto abbiamo osservato precedentemente, vale a dire l'aumento dell'età media e l'avanzamento tecnologico legato alla creazione di dispositivi che richiedono un impegno costante a distanza ravvicinata, è fondamentale che l'ottico optometrista sia consapevole e in grado di consigliare, facendo una valutazione socio-culturale accurata del soggetto in esame, quale dispositivo sia più adatto alle sue specifiche esigenze. Inoltre, abbiamo esaminato alcuni dei dispositivi che verranno introdotti sul mercato nei prossimi mesi; pertanto, rimane da vedere se saranno in grado di sostituire o meno le correzioni oftalmiche che attualmente utilizziamo. È importante tenere presente che le opinioni espresse sono basate sulle informazioni disponibili al momento e che gli sviluppi futuri potrebbero influenzare le conclusioni tratte. 

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