Ottica

ABERRAZIONI OTTICHE

“Un sistema ottico è aberrato o presenta aberrazioni se le immagini che esso genera non sono geometricamente simili agli oggetti o non sono nitide o variano d’aspetto” (1).

Con il termine aberrazione si fa riferimento quindi all’alterazione e alla deformazione dell’immagine che attraversa il sistema ottico non perfetto, quindi aberrato.

Più avanti verrà chiarito cosa s’intende per sistema aberrato.

Cerchiamo dapprima di definire il quadro storico in cui si inseriscono lo studio, la valutazione e la classificazione delle aberrazioni. Si inizia a parlare di aberrazioni, nello specifico di Aberrazioni Astronomiche, all'inizio del 1700, quando J.Bradley scoprì questo fenomeno osservando il moto e la posizione degli astri rispetto alla Terra. Nel 1727 Bradley osserva che “...a causa dei moti della Terra, un astro appare sulla volta celeste in una posizione A’ leggermente diversa dalla posizione A nella quale si troverebbe se la Terra fosse priva di moto” (1). Espose questa osservazione nel 1729 alla Royal Society, che lo insignì della Medaglia Copley nel 1748 (2). In questo contesto lo studio delle aberrazioni venne applicato per l’ottimizzazione delle immagini acquisite tramite i telescopi astronomici e solo successivamente si pensò di utilizzare lo studio delle aberrazioni in ambito oftalmico.

Giungiamo ora alla descrizione del sistema ottico e all’analisi del fronte d’onda. È necessario descrivere brevemente cosa si intenda per fronte d’onda. Prendiamo una sorgente luminosa puntiforme nello spazio. Nel momento in cui la sorgente luminosa verrà accesa, si dipartiranno da essa radiazioni elettromagnetiche in tutte le direzioni con velocità pari alla velocità della luce. Si genererà quindi una sfera di radiazioni elettromagnetiche che sarà l’insieme di tutti i punti in cui ogni singolo raggio elettromagnetico si troverà dopo un tempo ‘x’. Ogni singolo raggio elettromagnetico sarà ortogonale ad ogni punto di questa superficie di riferimento.

“Dopo circa tre milionesimi di secondo la sfera avrà raggiunto il raggio di un metro. La superficie sferica di un metro di raggio corrisponde al fronte d’onda dopo tre milionesimi di secondo” (3). I raggi provenienti da oggetti lontani vengono definiti come provenienti dall'infinito e quindi paralleli. “...è abbastanza ovvio dedurre che il fronte d’onda è rappresentato da una superficie piana che si dirige verso l’occhio alla velocità della luce” (3)(Fig.1).

Vediamo ora da cosa è formato un sistema ottico, avremo quindi: un diaframma di ingresso (che farà passare un certo numero di raggi all’interno del sistema stesso), una lente convergente (che farà di fatto convergere i raggi provenienti dall’infinito) ed uno schermo (o sistema recettore in grado di prendere i raggi luminosi ed elaborarli, potrebbe essere identificato dalla retina o da un sistema di acquisizione di immagini).

Affinché il sistema ottico sia perfetto, la lente convergente deve generare un fuoco puntiforme e questo punto si deve trovare sullo ‘schermo’. Se una o entrambe queste condizioni non sono rispettate saremo di fronte ad un sistema aberrato. Se l’obiettivo (la lente) è affetto da aberrazioni si ha una dispersione del fuoco, i raggi luminosi saranno quindi dispersi in uno spazio tridimensionale anche al di fuori dell’asse ottico. Questo spazio tridimensionale in cui si disperdono i raggi prende il nome di caustica (ne è esempio la conoide di Sturm) (3). Per analogia la caustica di un sistema non aberrato è rappresentata da un punto sull’asse ottico.

Prima di attraversare l'obiettivo il fronte d’onda è un piano che si trasforma poi in una superficie sferica. Il fronte d’onda ideale (generato da un fronte d’onda privo di aberrazioni) ha la forma di una calotta sferica con la concavità rivolta verso la retina e il centro in coincidenza con la macula (Fig.2).

Ogni sistema aberrato fornirà allora un fronte d’onda, discostato dal fronte d’onda ideale tale per cui la loro differenza esprimerà l’entità delle aberrazioni.

Nasce così l’esigenza di sviluppare uno strumento in grado di rilevare e quantificare le aberrazioni: l’aberrometro. Inizialmente l’impiego principale dell’aberrometro era quello di migliorare il più possibile le immagini rilevate dai telescopi astronomici. Gli aberrometri valutano la dispersione del fuoco e utilizzando i polinomi di Zernike (di cui si dirà in seguito) ricostruiscono il fronte d’onda. Vediamo ora i due principi più diffusi di funzionamento su cui si basano gli aberrometri:


  • Hartmann-Shack. Il più diffuso grazie al più semplice principio di funzionamento e grazie al prezzo di costo più basso rispetto al concorrente. Un fascio sottile di luce laser infrarosso He-Ne di potenza adeguata e sicura per l’occhio di 5 µW (con energia molto inferiore dell’esposizione massima tollerata dalle strutture oculari di 3 µJ), riflesso da uno specchio semiriflettente, viene indirizzato all’interno dell’occhio lungo l’asse visivo, va a colpire la fovea e si riflette (1)(Fig.3).

Il fascio luminoso in uscita sarà formato da una serie di raggi luminosi divergenti. Nel caso in cui il sistema ottico non sia aberrato il fascio sarà formato da raggi paralleli tra loro con un fronte d’onda piano. I raggi luminosi uscenti colpiscono un diaframma su cui sono inserite alcune lenti. Ciascuna di esse focalizza un raggio luminoso in un punto situato su uno schermo sensibile in grado di registrarne la posizione. Se il fascio non è aberrato ogni punto cadrà nella posizione attesa, altrimenti ci sarà uno scostamento proporzionale al grado di aberrazione (1). Questo sistema registra ed analizza perciò il fascio riflesso ed uscente dall’occhio. Conveniamo sul fatto che idealmente sarebbe necessario un sistema di acquisizione inserito all’interno del vitreo per captare il segnale in entrata e subito dopo aver attraversato i due sistemi diottrici oculari di cornea e cristallino, ma ciò è naturalmente infattibile al momento (Fig.4).


  • Tschering (sensori cosiddetti Proprietari, conosciuti con il nome del fisico che ne ha descritto i principi fisici generali). Con questo apparecchio si proietta all’interno dell’occhio, attraverso l’obiettivo, una griglia luminosa, formata da numerosi piccoli raggi laser, che vanno a formare un’immagine retinica caratterizzata da tanti punti luminosi. L’immagine viene osservata tramite un sistema simile ad un oftalmoscopio indiretto e catturata da una fotocamera. Anche qui lo spostamento di ogni singolo punto rispetto alla posizione attesa fornisce una quantificazione delle aberrazioni (1).

È necessario a questo punto fare un piccolo chiarimento in merito ai valori aberrometrici e ai macchinari con i quali vengono rilevati.

Come è possibile, ad esempio, che alcuni tipi di topografi riescano a rilevare l’aberrometria? Per questo motivo è importante considerare il concetto di topoaberrometria. La topoaberrometria ricava una mappa aberrometrica partendo da una mappa topografica, in particolare la mappa altimetrica, analizzando la forma della cornea e deducendo la deviazione che i raggi luminosi uscenti subirebbero attraversando la cornea stessa (1). Possiamo quindi dedurre le diverse limitazioni che questa tecnica implica, tra le principali troviamo la limitata capacità di valutare le aberrazioni corneali (CWa, Corneal Wavefront aberration (2)) che attraverso l’utilizzo di un aberrometro vengono rilevate sul piano pupillare contrariamente alla topoaberrometria che le deduce dalla mappa altimetrica. Esistono tuttavia aspetti positivi, come la possibilità di valutare la mappa aberrometrica partendo da qualsiasi diametro pupillare, o il fatto che la rilevazione dell’aberrometria non sia influenzata dell'accomodazione e/o dall’eventuale opacità del cristallino.

Attraverso la rilevazione della mappa aberrometrica totale, avremo perciò la possibilità di considerare la mappa aberrometrica nella sua totalità (OWa, Oculare Wavefront aberration (2)) e anche nelle sue due componenti principali, ovvero la componente corneale (CWa) e la componente interna (IWa). Riassumendo, esistono diversi tipi di strumentazione in grado di rilevare le mappe aberrometriche tra cui: gli aberrometri (sistemi più complessi e completi) e i topoaberrometri (sistemi in grado di ricostruire la mappa aberrometrica basandosi sulla mappa topografica altimetrica e di conseguenza meno precisa).

Introduciamo brevemente i polinomi di Zernike, i quali verranno ampiamente e scrupolosamente descritti nel prossimo numero del BOOM Blog. I polinomi di Zernike prendono il nome dal premio Nobel per la Fisica (1953) Frits Zernike, che li scoprì e costituiscono l’omonima Piramide di Zernike (Fig.5). La chiave di lettura della piramide è capire che tutte le figure rispettano due parametri: una ‘frequenza angolare’ e un ‘ordine’, rispettivamente rappresentati dalla lettera ‘f’ e la lettera ‘n’, apice e pedice del carattere ‘Z’ (sempre in onore del fisico olandese). Normalmente la piramide è composta da ventotto figure, ovvero fino al sesto ordine. Le prime tre figure all’apice della piramide sono forme teoriche che rappresentano un fronte d’onda piano, privo di aberrazioni (2). L'ordine zero, rappresentato dal polinomio che sta al vertice della piramide, è una costante. Il primo ordine ha due termini che rappresentano il disallineamento sull’asse ‘x’ e ‘y’. Il secondo ordine include tre termini: defocus e l’astigmatismo regolare nelle due direzioni principali (in qualche modo sfera+cilindro+asse, ovvero defocus sfero-equivalente ed astigmatismo) (2)(4). Il terzo ordine ha quattro termini, due relativi al coma e due al trifoglio ortogonali tra loro. Il quarto ordine ha cinque termini tra cui trifoglio, secondo astigmatismo e aberrazione sferica. I gradi dei polinomi continuerebbero ma otticamente risultano rilevanti i polinomi di Zernike equivalenti al sesto ordine. E’ necessario distinguere ulteriormente tra aberrazioni di Alto ordine e Basso ordine. Le aberrazioni di Basso ordine comprendono i polinomi tra il grado zero ed il secondo grado incluso. Gli ordini dal terzo in avanti sono considerati Alto ordine. La correzione a tempiale è in grado di compensare le aberrazioni fino al secondo ordine. Le aberrazioni di Alto ordine sono utilizzate per quantificare la severità del deterioramento della qualità ottica dell’occhio e per la valutazione più approfondita dei trattamenti chirurgici (4). Si stima che in un occhio ‘normale’ le aberrazioni di Alto ordine siano limitate al 15-20% delle aberrazioni totali (2). Agarwal, Prakash e Jacob hanno condotto diversi studi sugli Alti ordini delle aberrazioni, coniando il termine Aberropia. Distinguendo con il termine aberropia congenita l'ambliopia, con il termine aberropia evolutiva il cheratocono e con il termine aberropia acquisita/iatrogena la condizione post-chirurgica (2).

Esistono altri aspetti legati alla valutazione aberrometrica, come ad esempio la dimensione della pupilla che determina il contributo relativo alla diffrazione.

Le aberrazioni di alto ordine sono positivamente correlate all’età. Le aberrazioni oculari aumentano bruscamente soprattutto dopo i 50 anni a causa dell'aumento di OWa lenticolare. Pertanto, l’intervento di ablazione personalizzata dovrebbe essere attentamente considerato soprattutto nei soggetti presbiti che lamentano disturbi riconducibili a questi fattori.

Occhi cheratoconici presentano spesso OWa di Alto ordine dove il valore di trifoglio, tetrafoglio ed astigmatismo sono più alti che in occhi non patologici.

Valori anormali nelle aberrazioni di Alto ordine sono stati riscontrati anche in ortocheratologia, anche in casi in cui questa tecnica ha raccolto risultati molto positivi. Infatti i valori di OWa sono correlati alla significatività del difetto visivo. La prima superficie ottica dell’occhio non è lo strato epiteliale della cornea bensì la superficie precorneale del film lacrimale. Una rottura del film lacrimale induce un aumento dei valori degli Alti Ordini delle OWa, provocando fastidi in condizione di scarsa lacrimazione o di poca frequenza di ammiccamento (davanti al PC o smart devices) (4).

Idealmente, un occhio emmetrope dovrebbe essere ortoscopico, stigmatico e acromatico. Questa definizione ha valore sicuramente per un occhio ‘sine’ aberrazione non per un occhio emmetrope (2). Si assume, sempre in linea teorica, che un occhio ‘normale’ non sia soggetto all’astigmatismo irregolare, ma l’indagine aberrometrica riesce a cogliere che anche in un occhio 'normale' sia presente un minimo valore di astigmatismo irregolare.

Gli aberrometri sono inoltre in grado di rilevare e valutare i valori di PSF (Point Spread Function) e di MTF (Modulation Transfer Function). La PSF ci informa su come è percepita, dall’occhio esaminato, una sorgente luminosa puntiforme. La MTF misura la perdita del contrasto medio. Come detto in precedenza, avremo modo di sviscerare in maniera più approfondita e scrupolosa tutti questi aspetti nel prossimo numero.

Tutte queste rilevazioni ed interpretazioni saranno di supporto ai fini di una corretta e completa valutazione del soggetto da parte del professionista cosí che questo possa capire quali aspetti possano essere oggettivamente compensati con l’impiego di tecniche e sistemi ottici.

Fig.1

Fig.2

Fig.3

Fig.4

Fig.5

Review degli articoli:

(1) R.Carnevali, Le aberrazioni ottiche (2014)

(2) A.Lucente, Rifrazione e Aberrometria, OftalmologiaDomani (2011):

(3)Naoyuki Maeda, Clinical applications of wavefront aberrometry, Clinical and Experimental Ophthalmology (2009)

(4)R.Mattioli, Principi di topo-abberometria e sue applicazioni in optometria.

Bibliografia:

  • D.Achison, Recent advances in measurement of monochromatic aberrations of human eyes, Clinical and Experimentaly Optometry (2004).

  • R.Carnevali, Le aberrazioni ottiche (2014)

  • A.J. Del Aguila-Carrasco, P.B. Kruger, Aberrations and accommodation, Clinical and Experimentaly Optometry (2019)

  • R. PJ Hughes, S.J. Vincent, Higher order aberrations, refractive error development and myopia control: a review, Clinical and Experimentaly Optometry (2019)

  • M Lombardo, G. Lombardo, New methods and techniques for sensing the wave aberrations of human eyes, Clinical and Experimentaly Optometry(2009)

  • A.Lucente, Rifrazione e Aberrometria, OftalmologiaDomani (2011):

  • R.Mattioli, Principi di topo-abberometria e sue applicazioni in optometria.

  • J. Nam, L. Thibos, Describing ocular aberrations with wavefront vergence maps, Clinical and Experimentaly Optometry (2009)

  • Naoyuki Maeda, Clinical applications of wavefront aberrometry, Clinical and Experimental Ophthalmology (2009)



A cura di Rossotto Marco