REFRAZIONE

Stress point retinoscopy

Estratto Tesi di Laurea: Zecca Gabriele

Relatrice: Prof.ssa Dominga Ortolan

Corso di Laurea in Ottica e Optometria, Università degli Studi di Padova

Tempo di lettura: 8 min

La tecnica di retinoscopia dinamica detta Stress-point Retinoscopy, si sviluppò grazie agli studi condotti da Darrel Boyd Harmon nel 1950 sul rapporto tra stress visivo, postura e variazioni fisiologiche monitorizzabili nell’intero organismo. Le ricerche di Harmon furono eseguite all’istituto neurologico di Austin, in Texas: egli registrò in un filmato le risposte elettromiografiche e le risposte all’anteposizione di lenti su mille bambini. Harmon osservò che se un target fissato dal soggetto viene avvicinato o allontanato da esso, si possono verificare variazioni elettrofisiologiche specifiche.

In queste condizioni, se viene effettuato un controllo dinamico con il retinoscopio, si osserva un punto preciso in cui il riflesso retinico subisce una brusca variazione cromatica: il riflesso inizialmente di aspetto brillante (brightening) diventa immediatamente spento (dulling), per poi ritornare allo stato di luminosità iniziale (brightness). In questo momento specifico, Harmon prese nota di un abbassamento della pressione arteriosa (al polso).

Harmon si accorse per primo di tale punto nello spazio visivo, definendolo “una misura di un punto di stress”; questo punto fu concepito come una risposta-stress attuata all’intero organismo, una risposta del tipo “combattimento o fuga”, in reazione a un elemento stressore dovuto alla visione prossimale.


La nascita effettiva della Stress-point Retinoscopy è attribuita a Robert A. Kraskin, che grazie alle sue personali discussioni con Harmon ipotizzò che tale “punto di stress” potesse fornire indicazioni qualitative sulla lente prescrivibile, a scopo preventivo, per la visione prossimale. L’aspetto più importante di questo “punto di variazione” riscontrato da entrambi gli autori, fu quello della sua distanza spaziale dal soggetto, perché:


1. Un punto di stress distante solo alcune decine di centimetri (es: 40 cm), avrebbe prodotto interferenze con le attività visive prossimali, maggiori se prolungate nel tempo;

2. Una localizzazione spaziale del punto di stress, molto vicino agli occhi del soggetto, sarebbe stata preferibile perché lontana da quella distanza in cui vengono svolte la maggior parte dei compiti visivi prossimali.


La posizione del punto di stress è stata selezionata dagli autori anche alla qualità della performance visiva, indicando un comfort e rendimento maggiore nel caso (2) piuttosto che nella situazione (1).

Con uno studio sui meccanismi del corpo, Harmon scoprì che la postura più efficiente durante la lettura è quella per cui la distanza tra gli occhi e la pagina eguaglia la distanza tra l’angolo esterno del gomito e la nocca del dito medio della stessa mano: la distanza è famosa come “distanza di Harmon”. Se vi è un mantenimento di questa distanza, il corpo risulta essere in maggior equilibrio con la forza di gravità, con la minima pressione su muscoli del collo e della schiena (Harmon riscontrò stimolazioni elettromiografiche sfavorevoli se il materiale da lettura è mantenuto in una distanza maggiore o inferiore a quella “ideale”).

In base alle conoscenze fisiologiche di Harmon e quelle optometriche di Kraskin, fu individuata una posizione “ideale” del punto di stress: almeno a 10 cm più vicino della distanza ottimale di lettura (distanza di Harmon), per i soggetti adulti il punto si colloca a circa 20-22 cm dal viso.

Una particolare evidenza clinica fu la scoperta che il punto di stress potesse essere modificato (posizione) con l’uso di lenti oftalmiche: le lenti negative tendevano ad allontanare dal soggetto lo “stress point”, invece le lenti positive tendevano ad avvicinare il punto agli occhi del soggetto riducendone i disturbi legati allo stress per l’impegno visivo.

La procedura clinica ideata da Kraskin e chiamata Stress-point Retinoscopy, accentua il fatto che la funzione visiva è intrinsecamente connessa con le funzioni fisiologiche dell’intero organismo e come queste variazioni possano essere osservate mediante un’analisi retinoscopica, sensibile alle variazioni dello stato accomodativo risultanti da effetti stressori.



Esecuzione della Stress-point Retinoscopy.

Proceduralmente e concettualmente, la Stress-point Retinoscopy è simile alla tecnica di retinoscopia dinamica chiamata Bell Retinoscopy, ma con una differenza sostanziale: nella Bell Retinoscopy l’aspetto del riflesso retinico da tenere in considerazione è il movimento, mentre nella Stress-point Retinoscopy si osservano le sole variazioni cromatiche e di luminosità. L’aspetto da ricercare con l’indagine retinoscopica è proprio quel punto nello spazio visivo in cui la brillantezza e il colore “calano”, indicando la posizione di un punto di stress.


L’esecuzione clinica di questa tecnica dinamica, iniziò nel 1959, seguendo la seguente procedura:

1. L’illuminazione deve essere di tipo fotopico;

2. L’esaminatore si dispone inizialmente a 50 cm dall’esaminato seduto d’innanzi a lui, impugnando preferibilmente un retinoscopio a spot (per evidenziare al meglio gli aspetti cromatici. L’optometrista chiede di fissare la sfera di Wolff (target) che inizialmente sarà posta alla stessa distanza del retinoscopio;

3. L’esaminatore inizia a muovere lentamente la mira verso l’esaminato, osservandone le variazioni del colore e della brillantezza nel riflesso retinoscopico;

4. Raggiunto il punto di stress (punto in cui si presenta una drastica diminuzione di luminosità, accompagnata da un riflesso “duller” susseguito da un ritorno alle caratteristiche iniziali di “brightening”), l’esaminatore annota la distanza di tale posizione spaziale dagli occhi del soggetto;

5. La procedura viene ripetuta più volte con l’anteposizione di lenti di vario potere (da +0.25 a +1.50 D), anche utilizzando dei flipper binoculari e, annotando gli effetti di tali lenti sulla posizione del punto di stress.

Per descrivere al meglio la casistica nello svolgimento della tecnica, Kraskin citò un suo caso clinico in cui l’esaminato fu un giovane soggetto di 7 anni, sottoposto alla Stress-point Retinoscopy alla fine dell’anno scolastico. La distanza di Harmon del bambino misurata fu di 25 cm. Senza l’uso di lenti, Kraskin riscontrò uno stress-point a 20 cm; con lenti sferiche di +0.75 (OU) il punto di stress si spostò a 15 cm; invece con lenti di +1.25 (sferiche, OU) si allontanò fino a 25 cm. Da queste prime misurazioni, emerse un apparente punto di stress senza lenti troppo vicino alla distanza di Harmon; e come un potere di +0.75 potesse aumentare il comfort visivo in compiti prossimali; nonostante le evidenze, Kraskin decise di non prescrivere lenti, poiché il bambino avrebbe passato un’estate all’aperto svolgendo attività motorie. In autunno, all’inizio del nuovo anno di scuola, il bambino fu di nuovo sottoposto alla Stress-point Retinoscopy: senza lenti il punto di stress fu a 15 cm; l’anteposizione di lenti di +0.75 D non cambio la distanza, rimase a 15 cm. Questa nuova misurazione indicò che lo stress-visivo si fosse “dissipato” durante l’estate, così non fu prescritta nessuna lente. Il bambino fu di nuovo controllato a metà dell’anno scolastico successivo: senza lenti si registrò un punto di stress di 23 cm; con +0.75 D a 15 cm; con lenti di +1.25 D si avvicinò ulteriormente a 10 cm.


In questa situazione furono prescritte lenti “contro lo stress”: sebbene le lenti di +1.25 D (OU) avvicinarono di più il punto di stress, venne prescritta la lente di +0.75 D (lenti bifocali) per portare il punto alla posizione ideale (10 cm più vicino a partire dalla distanza di Harmon). Kraskin riportò come il bambino abbia giovato dell’uso di tali lenti, raggiungendo un'ottima performance scolastica grazie all’utilizzo degli occhiali in tutti i compiti visivi prossimali, evitando così adattamenti visivi avversi (miopie).

Le osservazioni fatte dai primi esperimenti di Kraskin, gli permisero di raccogliere i seguenti dati: In molti casi si rilevava un alto grado di relazione tra le lenti suggerite dall’analisi visiva e quelle della Stress-point Retinoscopy; In generale il movimento riscontrabile in retinoscopia con tali lenti, era “discorde”; Il punto di stress era relazionabile all’età del bambino: minore era l’età, più il punto di stress si avvicinava (bilanciando la ridotta distanza di Harmon); In molti giovani soggetti di 6-7 anni ai quali Kraskin, secondo l’analisi visiva, avrebbe prescritto lenti per il vicino, la Stress-point Retinoscopy indicava che non vi era bisogno di lenti o addirittura che fossero controindicate; In alcuni casi le lenti positive non avvicinavano il punto di stress, ma lo

allontanavano. I casi furono chiamati “Embedded” (incassati): casi in cui il sistema visivo si presentava rigido e poco condizionabile dall’uso di lenti; Il punto di stress cambiava con il miglioramento visivo indotto da tecniche di visual-training. Se inizialmente sembrava allontanarsi, dopo le terapie visive, l’uso di lenti positive rendeva possibile l’avvicinamento entro la distanza di Harmon; Nei casi di miopia, la Stress-point Retinoscopy suggeriva valori di lenti “meno positivi” da quelli evidenziati da altre tecniche usate precedentemente; In molti casi in cui fosse presente anisometropia manifestante una asimmetria spaziale del punto di stress fra i due occhi, si verificò una minore asimmetria con l’addizione di lenti positive. I casi furono chiamati “Non Embedded”; nei casi in cui l’anisometropia fosse del tipo “Embedded” era necessario prescrivere una differenza diottrica tra i due occhi.


Utilizzo della Stress-point Retinoscopy.

La Stress-point Retinoscopy risulta essere una retinoscopia dinamica, capace di verificare se un’addizione positiva per la visione prossimale possa produrre un effetto benefico alla reazione di stress del sistema visivo rispetto a una condizione refrattiva abituale. Questa tecnica permette all’optometrista di misurare il volume di spazio, internamente alla distanza di Harmon, dove il processo visivo risulta attivo. Durante una fase “di impegno attivo”, il riflesso rimane brillante aumentando lievemente la luminosità in prossimità del punto di stress, dove si riduce improvvisamente (effetto “dull”) per poi ritornare all’aspetto luminoso di partenza (fase di Stress).


Il punto di stress rappresenta il limite interno dello spazio visivo entro il quale la performance visiva può ancora essere funzionalmente confortabile. Se la lente oftalmica allontana il punto di stress dagli occhi del soggetto, non solo risulta inutile o addirittura controindicata, ma contribuisce ad aumentare l’effetto dello stress sulla funzione visiva, con effetti fisiologici atti a ridurne la complessiva performance individuale. La lente positiva ideale è quella il cui effetto porta il punto di stress a circa 10 cm più vicino rispetto alla distanza ottimale di lettura, in modo da rendere minimi, se non nulli, gli effetti stressori causati dalla visione prossimale.

Ciò nonostante, in molti casi la situazione ideale non è raggiungibile perfettamente; in tali situazioni la lente prescrivibile sarà quella capace di avvicinare di più il punto di stress alla distanza ideale nello spazio visivo prossimale.

I risultati clinici riscontrabili con la procedura possono essere divisi nelle seguenti categorie:

1. Il risultato della Stress-Point Retinoscopy può confermare l’indicazione derivante dall’Analisi Visiva a prescrivere lenti positive per la visione prossimale.

2. Il risultato della Stress-Point Retinoscopy può suggerire una possibile controindicazione a prescrivere tutto o una parte del risultato dell’Analisi Visiva.

3. Il risultato della Stress-Point Retinoscopy può fornire un suggerimento sull’eventuale possibilità di prescrizione di un’addizione positiva per vicino anche quando i netti dell’Analisi Visiva lo sconsigliano. In questi casi è possibile proporre una prescrizione temporanea di positivo indicato dalla Stress-point Retinoscopy associata a un programma di rieducazione visiva.

Negli studi effettuati è stato osservato che i metodi classici per la prescrizione della lente ottimale per la distanza prossimale tendano a suggerire lenti diottricamente più positive rispetto a quelle ricavate dalla Stress-Point Retinoscopy. Infine è importante sottolineare come sia stato verificato che il punto di stress tenda ad avvicinarsi al soggetto se un programma di rieducazione visiva sta producendo benefici funzionali; confermando che per l’optometrista la posizione dello stress point sia un ottimo indicatore della performance visiva prossimale dell’esaminato.


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