Ottica

LENTI LIQUIDE

Negli ultimi anni l’ottica oftalmica, o meglio tutto il campo dell’ottica, sta cercando di smuovere quello che è stato per molto tempo un ambito troppo statico. Dalle lenti monofocali alle lenti bifocali per arrivare alla realizzazione della lente multifocale. Qui la sfida in continua evoluzione è la realizzazione di un prodotto che limiti il più possibile le zone di aberrazione ottica e che amplii sempre di più i campi di visione nitida, attraverso l’impiego di geometrie costruttive sempre più complesse e all’avanguardia. Non dobbiamo soffermarci solo sulle lenti multifocali tradizionali, anche perché sul panorama mondiale sono presenti molte altre alternative: le lenti a supporto accomodativo, le lenti occupazionali o office e le lenti a controllo miopico.

Date le numerose geometrie utilizzate, la realizzazione della lente multifocale diventa sempre più complessa ed economicamente impegnativa anche per il consumatore finale.

Per questo motivo iniziano a essere numerosi i tentativi, da parte delle grosse aziende oftalmiche e dei centri di ricerca universitari, per trovare una valida alternativa.

Proprio qui si è cominciato a lavorare sulla lente a potere variabile. Per Lente a potere variabile si intende una lente in grado di variare, per l’appunto, il suo potere diottrico attraverso l’applicazione di uno stimolo esterno. Vediamo meglio cosa si intende per stimolo esterno. Nelle lenti multifocali tradizionali, il portatore non deve compiere nessuna azione meccanica affinché il potere della lente sul suo occhiale vari in modo da permettergli l’incremento diottrico necessario alla visione prossimale; cosa che è invece necessaria per le lenti a potere variabile. Le lenti a potere variabile tradizionale possono essere suddivise in tre grandi gruppi: Lenti liquide polimeriche, Lenti a cristalli liquidi ed Elettrowetting. Vediamo subito il principio di funzionamento che sta alla base della lente liquida polimerica. La lente polimerica è formata da due membrane, di cui una elastica. Queste due superfici contengono un fluido. Attraverso la pressione esterna, il liquido all'interno delle due membrane cambia conformazione e posizione, andando a muovere la membrana elastica. Proprio mediante l’azione positiva e negativa della pressione, la lente cambierà il suo apporto diottrico. Sono tre le variabili che entrano in gioco: l’entità della pressione, il materiale del liquido e il materiale della membrana. Per la realizzazione di una membrana resistente ed elastica spesso viene utilizzato il Polidimetilsilossano (PDMS), che soddisfa i requisiti di resistenza e malleabilità. Anche lo spessore della membrana gioca un ruolo fondamentale nella realizzazione della lente: più la membrana è spessa e maggiore dovrà essere la forza interna in grado di deformarla. Questo genere di tecnologia permette un’ ampia escursione diottrica che va indicativamente da +20.00 D a -20.00 D.

Per quanto riguarda lo stimolo che mette in pratica l’azione meccanica della pressione possiamo trovare diverse alternative. Prima fra tutte, per una ragione prettamente legata alla semplicità di realizzazione, è la pressione indotta manualmente. Quando il soggetto necessita l’incremento dell’apporto diottrico della lente per poter riuscire a leggere, aziona manualmente una leva o un pulsante, che meccanicamente va a variare la pressione interna della lente. Questo sistema ha subito numerose modifiche, fino ad arrivare alla realizzazione di un apparato automatico che, misurando la distanza di prossimità di un oggetto (come ad esempio un libro) attraverso un sensore di prossimità, al di sotto di una distanza predeterminata, varia la pressione all’interno del sistema occhiale, modificando di conseguenza il valore diottrico (Fig. 1). Ad oggi, sono diversi i prototipi e i progetti che stanno emergendo in questo ambito: tra tutti spicca in commercio un forottero automatico.

La seconda famiglia di lenti liquide che andiamo ad analizzare è rappresentata dalle lenti a cristalli liquidi (LC).


La principale caratteristica di questa lente è la sua duttilità. Essa infatti è utilizzata all’interno dei dispositivi elettrici, in quanto necessita di un basso dispendio di energia e di un sottile strato di cristalli liquidi. Vediamo ora il principio di funzionamento che si cela dietro alla tecnologia dei cristalli liquidi. Il principio si basa sulla variazione spaziale dell’indice di rifrazione: l’indice in questione varierà in maniera non uniforme all’interno dell’area in cui sono disposti i cristalli liquidi. Questi infatti vengono inseriti all’interno di due strati di ossido di indio e stagno (ITO). All’interno dei due strati sono presenti due elettrodi che consentiranno, attraverso l’applicazione di una differenza di potenziale, di generare un campo elettrico. In uno stato di quiete la posizione dei cristalli liquidi all’interno della cella sarà invariata e la lente funzionerà da semplice filtro. Nel momento in cui una differenza di potenziale verrà applicata, l’indice di rifrazione cambierà, modificando la disposizione dei cristalli liquidi che si dispongono in direzione parallela al campo elettrico e a seconda dell’intensità e della direzione dello stimolo agiranno da lente negativa o lente positiva. I vantaggi sono molteplici e variano dall’impiego di poca energia, affinché il sistema subisca una variazione, fino alla ridotta quantità di cristalli liquidi di cui necessita il sistema stesso (Fig. 2). L’aspetto negativo si deve all’indice di refrazione, che non varia omogeneamente: la variazione è maggiore in prossimità degli elettrodi che generano il campo elettrico e presenta dei limiti legati all’esposizione prolungata ad alte temperature.

Veniamo alla terza ed ultima categoria di lenti liquide a potere variabile che verranno descritte, le lenti a tecnologia Elettrowetting.

Il fenomeno alla base del funzionamento di questa tecnologia è il fenomeno dell’elettrocapillarità. È necessario prendere in considerazione alcuni aspetti fisici: nel caso specifico si parlerà perciò di tensione superficiale, bagnabilità e angolo di contatto. Vediamo il funzionamento del fenomeno di Elettrowetting. La lente è composta da una cella formata da due elettrodi rivestiti da una membrana polimerica idrofobica. All’interno di questa cella sono presenti due fluidi immiscibili, di cui uno conduttore e l’altro isolante. Stimolato elettricamente, il sistema è in grado di modificare il profilo superficiale del liquido conduttore, definendo una lente positiva o una lente negativa, modificando bagnabilità e angolo di contatto. Nello specifico, quando il sistema è attraversato dal campo elettrico, il liquido isolante si “rilassa” permettendo al liquido conduttore di estendersi e ampliarsi sulle pareti della membrana polimerica. Così facendo, otterremo una lente convergente, convessa e Positiva (Fig 3B). Nel caso opposto, ovvero quando il sistema non viene stimolato elettricamente, la lente assume una conformazione divergente, con la conseguenza che la lente risulterà concava, e quindi Negativa (Fig 3A). Il problema principale legato alla realizzazione di lenti oftalmiche con l’impiego di questa tecnica è legato alla dimensione della lente stessa. Infatti, più è grande la superficie ottica e maggiore dovrà essere lo stimolo elettrico applicato. I campi di impiego di questa tecnologia sono legati alla realizzazione di piccole lenti, per il problema sopra citato. L’Elettrowetting è stato recentemente preso in considerazione dalle grandi aziende di telefonia mobile per la realizzazione degli obiettivi degli smartphone.

Le tre tecniche elencate sono diverse tra loro e presentano tutte numerosi vantaggi e svantaggi. Diventa difficile, a questo punto, definire quale tra le tre sia più vantaggiosa in termini di risultato ottico e risparmio energetico. Risulta però chiaro che le potenzialità legate all'impiego delle lenti liquide nel campo ottico e oftalmico sono molteplici e nei prossimi anni la ricerca farà sicuramente passi avanti importanti e riusciremo ad apprezzare appieno tutti i vantaggi di questa, relativamente nuova, tecnologia.

Fig.1

Fig.2

Fig3 A-B

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A cura di Rossotto Marco