Ottica

Calcolo inset

Possiamo definire l’inset come: la differenza in millimetri tra la DAV (Distanza Assi Visuali) rilevata per lontano e la DAV rilevata per vicino, monocularmente. I principali metodi con cui vengono rilevati questi parametri sono l’interpupillometro (quasi tutti i modelli però hanno come minima distanza di rilevazione della DAV da vicino i 33 cm, quindi se dovessimo avere la necessità di valutare una distanza inferiore è meglio calcolarla) e il più classico righello. Statisticamente il valore medio utilizzato come punto di riferimento dalle case costruttrici di lenti oftalmiche è inset (mono) = 2,5 mm. Tuttavia, esistono diverse situazioni in cui l’inset andrebbe ricalcolato affinchè si possa realizzare un occhiale che soddisfi il più possibile le esigenze del soggetto esaminato, come ad esempio una DAV monoculare anomala, una distanza di lavoro ridotta (inferiore a 40 cm) o una lente oftalmica da lontano con potere relativamente alto. Infatti il valore ‘standard’ utilizzato dalle case costruttrici (ove non sia specificato diversamente) è frutto di una raccolta statistica rilevata alla distanza di osservazione prossimale di 40 cm. Già solo per questo motivo sarebbe necessario calcolare l’inset in tutti quei soggetti che svolgono attività a distanze differenti.

Inoltre sono numerose le variabili che andrebbero prese in considerazione nel calcolo dell’inset, vediamone alcune. Come abbiamo detto uno dei principali aspetti è la distanza di lavoro/lettura che più precisamente sarà considerata come un sistema di distanze formato da distanza lente-target e distanza lente-centro di rotazione oculare (a causa della rotazione dovuta alla convergenza). Dobbiamo porre molta attenzione anche al potere della lente oftalmica posta davanti all’occhio che incontrerà un valore prismatico. Questa lente andrà ad influire in qualche modo sulla rotazione dell’occhio stesso. Ad esempio(2):

Lente Negativa, quando l’occhio converge verso il lato nasale incontra un prisma a base nasale o base interna, per questo motivo la convergenza è ostacolata. Sarà necessario aumentare la distanza interpupillare da vicino.

Lente Positiva, quando l’occhio converge verso il lato nasale incontra un prisma a base tempiale o base esterna, per questo motivo la convergenza è stimolata. Sarà necessario diminuire la distanza interpupillare da vicino.

Prima di addentrarci nella matematica più classica che ci consentirà di calcolare l’inset è necessario fare una piccola premessa, ovvero ricordiamoci di considerare che l’inverso della distanza a cui è posizionato il target è equivalente all’entità della richiesta accomodativa.


Es. Lente +2.00 D → 50 cm. Una lente di +2.00 D consente la visione di un oggetto posto a 50 cm. Lente +3.00 D → 33,3 cm, etc.


Nel libro 'Borish's Clinical Refraction' (1) si afferma che la distanza interpupillare è correlata all'entità di convergenza richiesta per la fissazione bi-foveale:


  • Convergenza (Δ) = IPD / d”


dove, IPD è la distanza interpupillare espressa in cm e d” è la distanza centro di rotazione del bulbo-target di fissazione (13mm + distanza apice cornale-target) (Fig.1)

Più precisamente


  • Distanza Interpupillare Vicino = (d / d”) * DAVLontano


dove, d è la distanza piano occhiale/target e d” è la distanza centro di rotazione del bulbo/target di fissazione.


  • Successivamente Gerstman sviluppa una ‘regola’ più rapida ed intuitiva ‘La regola dei ¾’. Ovvero per ogni diottria di richiesta accomodativa viene considerato un inset monoculare equivalente a 0,75 mm. Questa regola però è utilizzabile solo con i soggetti con DAV (indicata come standard da Gerstman) tra i 62 e 68 mm.


Es. Distanza Target 40 cm, richiesta accomodativa 2,50 D.

Regola dei ¾ → 2,50 * ¾ = 1,9 mm di Inset


  • Ellerbrock sviluppa una formula più elaborata e completa:

dove, P → DAV / 2

𝔀 → distanza lente - target

s → distanza lente - centro di rotazione, considerando un valore medio di distanza apice corneale - centro di rotazione equivalente a 13 mm e un valore medio di distanza apice corneale - lente di 12/13 mm, il valore di ‘s’ è mediamente di 25/26 mm.

f → lunghezza focale della lente

*tutto espresso in mm

Vediamo un esempio:

DAV 70 mm, lente oftalmica +6,50 D, distanza di lavoro 20 cm e la lente si trova a 25 mm dal centro di rotazione dell’occhio.

4,5 mm inset monoculare.

Formula analoga è descritta da Lovisolo et al.(3), dove però non è preso in considerazione il potere diottrico della lente oftalmica, come avviene invece nella formula di Ellerbrock.

In questo caso abbiamo:


  • OO’ = (PH*AO) / AP


Dove OO’ → Decentramento lente in mm

PH → DAV/2

AO → DistanzaCentroRotazione-Lente

AP → DistanzaCentroRotazione-Target



Linea Guida fornita da Ophthalmic Dispensing(2) :


Distanza di Lavoro = 40 Cm

    • Rilevare DAV da vicino con Interpupillometro

    • Se le lenti oftalmiche sono di gradazione alta usare Tab. 2

Distanza di Lavoro < 40 cm

    • Rilevare DAV da vicino con Interpupillometro

    • Se la distanza del target è minore di quella rilevabile dall’interpupillometro usare la ‘Regola dei ¾’ (con DAV lontano compresa tra 62 - 68) o Tab. 1

Se la lente oftalmica è di potere alto

    • Se la distanza di lavoro = 40 cm, usare Tab. 2

    • Se la distanza di lavoro < 40 cm, usare la formula di Ellerbrock



In generale la formula di Ellerbrock è la più completa ed affidabile, ma risulta essere la più complessa da impiegare nella pratica clinica quotidiana.

Per questo motivo potrebbe essere utile inserirla all’interno di un foglio di calcolo come quello sotto riportato. (Il modello inserito all’interno del foglio può essere copiato per la realizzazione del proprio modello).



Risoluzione esercizio precedente.


Tabella 1

Tabella 2

Bibliografia:

  1. William J. Benjamin OD MS PhD, Borish's Clinical Refraction, 2nd Edition (2006)

  2. C.W. Brooks, I.M. Borish, System for Ophthalmic Dispensing (2007)

  3. C.lovisolo, S. Abati, L. Buratto, G. Montani, Occhiali in ottica oftalmica (1993)





A cura di Rossotto Marco