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CONSAPEVOLEZZA E COMPLIANCE DEL PORTATORE DI AUSILIO OTTICO ATTRAVERSO L'ANALISI DI UN QUESTIONARIO. UN CASO STUDIO ITALIANO

A cura di Gennari Lorenzo

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Consapevolezza e compliance del portatore di ausilio ottico attraverso l’analisi di un questionario. Un caso studio italiano. A un livello prettamente etimologico l’optometria viene definita come la scienza della misurazione (metron) della vista (opsis). Andando oltre la semantica il concetto si complica non solo per la specificità della disciplina, ma anche per il contesto culturale e legislativo corrente. Cercando un’ oggettività che, come si vedrà, è molto dibattuta in Italia, l’optometrista è il professionista che:

● si occupa della refrazione oculare, dell’efficienza visiva, tra cui le abilità binoculari, le abilità accomodative, le abilità oculomotorie.

● sfruttando i principi dell’ottica visuale, della fisiologia oculare e della percezione sensoriale, cerca la migliore soluzione visiva, che spazia dall’occhiale, alle lenti a contatto, ai prismi, all’educazione visiva.

● gestisce le principali disfunzioni visive quali miopia, ipermetropia, astigmatismo e presbiopia, in assenza di patologie oculari.

L’optometrista è infine quel professionista avente una formazione universitaria che gli permette di esercitare liberamente la sua professione, come ribadito più volte dalla Corte di Cassazione (si veda l’udienza 11 Aprile 2001; n° 42895/2001). Perché citare la Corte di Cassazione per ribadire un principio, a priori elementare, secondo cui l’optometrista può liberamente esercitare la sua professione?Il motivo è che l’optometria come professione non è regolamentata dallo Stato italiano. Ad oggi non esiste una legge in vigore che inquadri tale figura, nonostante la presenza sul territorio italiano di optometristi che quotidianamente ottemperano ai loro obblighi professionali e etici. E’ bene anche sottolineare come in Italia, il censimento degli optometristi ad oggi non esista. E’ importante soffermarsi un secondo sulla questione dell’etica. E’ anche l’etica che probabilmente muove le azioni professionali di un optometrista in Italia, non la legge. Un optometrista italiano decide una sua linea di comportamento perché mosso da un fine nobile: il benessere visivo del soggetto. Come per tutte le professioni liberali , esiste un discorso etico che fa da sfondo all’azione professionale: nel caso di un optometrista il fine etico è il benessere visivo del soggetto che si affida alle sue competenze e capacità. Detto che tale fine è una prerogativa basilare e necessaria che riguarda gli optometristi di tutto il mondo, ciò che manca in Italia è l’obbligatorietà sancita dallo Stato. Non si sancisce alcun dovere da ottemperare, quindi non si offrono tutele agli optometristi. Ma soprattutto questa situazione di confusione legislativa dà grande inconsapevolezza a tutte quelle persone che hanno un problema visivo e non lo risolvono, soltanto perché ignorano l’esistenza dell’universo optometrico. Questa tesi si concentra proprio su questo aspetto: l’ignoranza, la consapevolezza e la compliance di chi ha una disfunzione visiva. Quindi si vuole affrontare il problema non dal punto di vista legislativo, ma culturale, evidenziando quanto la cultura vigente condizioni negativamente la consapevolezza delle persone riguardo l’optometria. Manca l’informazione, che deve essere dispensata tanto dalla legge quanto dai soggetti che si occupano di visione, quali gli oftalmologi, gli ottici e gli optometristi stessi. Qual è quindi l’inquadramento legislativo italiano odierno riguardo la figura professionale dell’optometrista?Come già detto la Corte di Cassazione ha dovuto esprimersi più di una volta e, come riportato dall’ udienza 11 Aprile 2001; n° 42895/2001, l’optometria “...è un’attività che non è regolata dalle legge, ed il cui esercizio deve ritenersi libero, per la semplice ragione che non sussiste nessuna norma positiva che lo vieti, a condizione che non venga invaso l’ambito riservato al medico oculista...”. E ancora “...non può considerarsi preclusa all’ optometrista l’attività di misurazione della vista e di apprestare, confezionare e vendere (senza preventiva ricetta medica), occhiali e lenti correttive non solo per i casi di miopia e presbiopia, ma al contrario dell’ottico, anche nei casi di astigmatismo, ipermetropia e afachia”.

Questa udienza cerca quindi di creare uno spartiacque tra il medico oculista, l’optometrista e l’ottico, cerca di fare chiarezza sostenendo che l’optometria non invade il campo medico ma, al contrario, l’optometrista può liberamente misurare la vista e indagare ogni difetto visivo, senza incorrere nell’esercizio abusivo della professione oculistica.

A proposito di questo è utile ricordare anche la sentenza del 23/06/2016 emessa sempre dalla Corte di Cassazione, in cui si sottolinea cos’è ma anche e soprattutto cosa non è l’optometrista: “...gli optometristi non devono e non possono, in campo sanitario, mettersi in competizione o invadere attività espressamente regolamentate e controllate quale quella del medico oculista, dell’ortottista assistente di oftalmologia o quella dell’ottico...”. Tale sentenza rimarca quindi i confini che l’optometrista è tenuto a rispettare a tutela della salute pubblica: sottolineare i limiti di questa professione dà ancora una volta legittimità e rimarca quanto la pratica optometrica sia libera e lecita, nel rispetto delle normative vigenti. A proposito di norme vigenti è utile ricordare le legge sulle professioni non regolamentate del 14/01/2013 n.4, che tenta di dare un quadro generale sulle professioni non ordinistiche, tra cui ovviamente l’optometrista. L’optometrista lo si trova anche tra i codici ATECO, che consistono di combinazioni alfanumeriche che identificano un’attività economica. Nella fattispecie l’optometrista è classificato come “altre attività paramediche indipendenti” (cod ATECO 86.90.29). E’ interessante rendersi conto di come la figura dell’optometrista sia delineata a cavallo tra un professionista sanitario paramedico e un esercente di un’attività economica indipendente. Questa dicotomia tra salute pubblica e attività di commercio è sempre presente, ed è alla base della difficoltà delle persone comuni di discernere la figura dell’optometrista da quella dell’ottico. Vista inoltre l’ampia diffusione dell’optometria negli altri paesi UE ed extra-UE, di cultura anglosassone e non, e considerato come all’estero tale figura sia ben regolamentata, inquadrata come professionista sanitario autonomo e scorporato dalla figura dell’ottico, il passo successivo è chiaramente quello di uniformarsi alla realtà internazionale. Un importante passo in avanti riguardo quest’ultimo punto lo troviamo con il disegno di legge 3/2018 dell’allora Ministro della Salute Lorenzin che istituisce la “Federazione Nazionale dell’Ordine dei Chimici e dei Fisici”. L’articolo 5, comma 2 della citata legge, prevede che tutti i professionisti abilitati che intendano esercitare una professione sanitaria, hanno l’obbligo di iscriversi all’Albo professionale di riferimento. Il corso di laurea in Ottica e Optometria, rientrando nella medesima classe di laurea dei fisici (L30), è direttamente interessato a questa legge.

Questo quadro normativo apre scenari completamente nuovi, che sono oggetto del dibattito odierno. Un inquadramento regolamentato della figura dell’optometrista comporta dei doveri nella pratica lavorativa quotidiana, che andranno delineati in modo chiaro e univoco. Sarà necessario ridefinire il ruolo dell’ottico e la sua possibilità di indagare le capacità visive, visto che sarà presente un altro professionista abilitato e riconosciuto. Infine, come già sta succedendo, l’optometria dovrà dibattere sul perché, nonostante eserciti una professione a tutela della salute pubblica, sia iscritta a un ordine che abbraccia le scienze fisiche e naturali.

In questo panorama culturale e legislativo questa tesi cerca di indagare sul pensiero comune, la consapevolezza e il grado di adesione del portatore di correzione ottica. Questo soggetto si trova inserito in una rete di professioni quali l’oculista, l’ottico, l’ optometrista e l’ortottista; e questa tesi cerca di quantificare il grado di comunicabilità tra di esse, in particolare tra l’oculista e l’optometrista. Cerca inoltre e soprattutto di indagare il grado di conoscenza e di consapevolezza tra le persone comuni circa le tematiche relative all’optometria, in particolare le competenze sulle molteplici soluzioni che possono migliorare la qualità visiva della popolazione. Tali soluzioni si appoggiano sulle più recenti pubblicazioni scientifiche, e abbracciano la contattologia avanzata, la rieducazione visiva, e le più moderne tecniche di indagine optometrica; richiedono pertanto al professionista un costante impegno formativo e lo sviluppo di una capacità critica e di integrazione delle conoscenze.

METODO E CARATTERIZZAZIONE DEL CAMPIONE

Per questa tesi di ricerca è stato redatto un questionario dal titolo “Consapevolezza e compliance del portatore di ausilio ottico”, composto da 27 domande a risposta chiusa.

Preliminarmente il questionario è stato sottoposto a 30 persone tra cui 8 studenti al terzo anno del corso di laurea in Ottica & Optometria e 22 persone di diverso livello di istruzione, età e sesso. A questo primo campione è stato chiesto di segnalare domande e/o risposte ambigue o poco chiare, al fine di uniformare il test a tutti i livelli di istruzione e di farne una pre-validazione.

Il questionario, nella sua forma definitiva, è costituito da 27 domande a risposta chiusa, suddivise in 4 macro-aree di indagine: chi è il mio optometrista; cosa so del mio difetto visivo; lenti a contatto; caratteristiche generali del soggetto (età, sesso e livello di istruzione).

Il questionario è stato distribuito sia in forma cartacea a clienti di un negozio di ottica, sia tramite e-mail o whatsapp a conoscenti.

Il campione di indagine è composto da 100 soggetti, tutti aventi un difetto visivo tra la miopia, l’ipermetropia e l’astigmatismo (sono stati scartati i soggetti emmetropi presbiti).

Una volta raggiunto il numero del campione (n=100), tramite il software Excel sono stati dapprima costruiti degli istogrammi dove si evidenziano le frequenze dei soggetti in relazione al sesso, all’età e alla scolarità, al fine di caratterizzare il campione.

Dopodiché sono state selezionate, da ognuna delle rimanenti 3 macro-aree, alcune domande significative, e analogamente sono stati costruiti dei grafici che evidenziano le frequenze delle diverse risposte, nella fattispecie: area 2.Figura professionale domande 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10, area 3.Sistema visivo domande 5, 12, 14, 15; area 4.Lenti a contatto domande 20, 21, 23.

Successivamente sono state ricercate delle correlazioni fra varie domande tra quelle succitate e si sono quindi studiate eventuali dipendenze delle risposte da alcuni parametri, quali età, sesso e scolarità. Oltre a ciò si è provato a verificare una eventuale correlazione tra altre tipologie di domande, senza prendere in considerazione le caratteristiche del campione, come ad esempio verificare se la presunta conoscenza della figura dell’optometrista implicasse o meno una conoscenza maggiore su alcuni temi e/o soluzioni visive.

L’indagine di quanto detto è stata effettuata tramite la costruzione di tabelle di contingenza e test del ꭕ2 tramite la funzione excel =test.chi. Assumendo come livello di significatività ⲁ=0,10 e avendo quindi ottenuto i diversi valori di probabilità p (p value), sono stati infine selezionati i valori di p<10%, valori per cui l’ipotesi nulla viene rifiutata e i dati sono statisticamente significativi.


Lo scopo di questa indagine è stato quello di sondare il grado di consapevolezza e di comunicazione tra la persone e il professionista di riferimento, e di valutare se alcune caratteristiche del campione potessero influire o meno sulle risposte date. Sono state ricercate eventuali dipendenze tra le risposte e l’età e la scolarità del soggetto esaminato, e sono state confrontate numerose domande al fine di quantificare il livello di consapevolezza e di informazione fornita.

Il questionario proposto è risultato di facile comprensione, anche alla luce di una attenta pre-validazione dello stesso fatta a monte. Sono venuti alla luce degli aspetti interessanti che mettono in relazione la consapevolezza del portatore di ausilio ottico con la figura professionale dell’optometrista.

Alcuni dei numerosi test effettuati hanno mostrato legami significativi tra alcune domande, portandoci ad accettare come statisticamente significative alcune relazioni.

Il campione proposto è stato suddiviso in base all’età, al sesso e alla scolarità, riscontrando una certa omogeneità di distribuzione delle diverse fasce di età (tranne gli over 70) e del sesso. Il livello di istruzione vede invece una preponderanza nel campione tra gli studi universitari e la scuola media superiore, e un minor numero di soggetti con diploma di scuola media inferiore. E’ stata trovata una relazione di dipendenza tra la scolarità e la conoscenza o meno della figura dell’optometrista. Inoltre chi conosce tale figura è consapevole del fatto che essa non può prescrivere farmaci. La domanda 5 relativa alla conoscenza di alcuni termini del lessico optometrico vede una relazione di dipendenza con il livello di istruzione. Nello specifico la scolarità incide sulla conoscenza sia del termine “binocularità” sia del termine “sensibilità al contrasto”, mentre il termine “stereopsi” è poco conosciuto (o anche poco comunicato dal professionista) indipendentemente dall’età o dalla scolarità di chi ha risposto.

Passando alla macro-area relativa alla contattologia , si vede come le domande 20 e 21 siano legate all’età e alla scolarità. E’ stata trovata una relazione statisticamente significativa tra l’età del soggetto esaminato e l’idea che l’applicazione di LAC a bambini di 5-10 anni sia utile e consigliata, quando necessario. Per l’applicazione alle altre fasce di età invece le risposte non sono legate al grado di istruzione o all’età di chi ha risposto. Analogamente l’età e la scolarità del soggetto esaminato incidono sulla conoscenza delle lenti a contatto ortocheratologiche, con un p-value rispettivamente pari a 0,019 e 0,117 (si noti che quest’ultimo valore è di poco sopra al 10%).

Le domande 6 e 7 in cui si chiede se il medico oculista ha mai consigliato una visita optometrica di riferimento e viceversa mostrano un apprezzabile sbilanciamento: l’87% dei soggetti esaminati ha risposto che il proprio medico oculista non li hai mai indirizzati da un optometrista, contro un 60% che invece risponde che il proprio ottico/optometrista non ha mai consigliato loro una visita oculistica di approfondimento (probabilmente perché non vi era necessità, non essendo stato rilevato un problema patologico). Rimane quindi una insufficiente comunicazione e collaborazione tra le diverse figure professionali, facilitata dalla situazione legislativa non chiara e definita.

Abbiamo inoltre rilevato che meno del 40% dei soggetti rispondenti considerano la sottocorrezione una bad practice. Questo dato dimostra come le più recenti evidenze scientifiche internazionali stentino a raggiungere la pratica quotidiana tanto del professionista della visione quanto, conseguentemente, del portatore di ausilio ottico.

Il questionario proposto è risultato di facile comprensione, anche alla luce di una attenta pre-validazione dello stesso fatta a monte. Sono quindi venuti alla luce degli aspetti interessanti che mettono in relazione la consapevolezza del portatore di ausilio ottico con la figura professionale dell’optometrista, il cui ponte è la corretta informazione e comunicazione.

E’ interessante fare un parallelo con una recente ricerca (Bertolino, 2017), in cui a seguito dell’analisi delle risposte ad un questionario si vede come, in Piemonte, il professionista di riferimento sia proprio l’optometrista: “…emerge il desiderio di recarsi da una figura professionale sempre aggiornata sulle ultime novità tecnologiche ed informata dei più recenti sviluppi in ambito scientifico…” (Bertolino, 2017 pag.11). Dall’altra parte invece l’analisi appena condotta ci dice che persiste un problema diffuso di consapevolezza del portatore di ausilio ottico. Nonostante la ricerca di Bertolino suggerisca che all’interno della realtà piemontese l’optometrista è spesso il principale punto di riferimento per l’analisi delle abilità visive (ancor prima dell’ottico), questo studio dimostra che permangono da parte delle persone forti carenze di informazioni, concetti di base sulla visione datate o addirittura errate, e ignoranza sulle più innovative soluzioni ottiche.


Bibliografia:

Si rimanda ad Articolo di Tesi da link o QR code

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