Ottica

LA PIRAMIDE DI ZERNIKE

Nel numero precedente del BOOM Blog ci siamo immersi nel mondo delle aberrazioni ottiche cercando di capire quali siano i principi fisici alla base dell’aberrazione, come viene realizzata una mappa aberrometrica, quali sono i due principali sistemi di rilevazione aberrometrica, cosa si intende per sistema ‘perfetto’ e molto altro. In questo numero entreremo un po' di più nel dettaglio delle mappe aberrometriche o meglio nella loro interpretazione e lettura. Descriveremo in maniera più meticolosa cosa rappresentano i polinomi di Zernike e accenneremo alcune tecniche che probabilmente verranno impiegate in un futuro relativamente prossimo per le letture aberrometriche.

Cominciamo facendo una piccola ricapitolazione.

Esistono due tipi di aberrazione: l’aberrazione cromatica e l’aberrazione monocromatica. La prima (aberrazione cromatica) è causata dalla dispersione dovuta alla variazione dell’indice di refrazione che varia a seconda della lunghezza d’onda della radiazione ottica le immagini infatti vengono formate in posizioni e dimensioni differenti a seconda della loro composizione spettrale e si presenta anche nella zona parassiale. L’aberrazione monocromatica si riferisce ad una singola lunghezza d’onda e si presenta fuori dalla zona parassiale(1).

Per comprendere cosa sia una mappa aberrometrica è utile prendere come riferimento un occhio emmetrope privo di aberrazioni. Quest’occhio è otticamente perfetto, cioè limitato solo dalla diffrazione, e quindi può essere utilizzato come gold standard per stimare le imperfezioni ottiche degli occhi reali. La qualità cruciale di un occhio perfetto è che esso, data una sorgente luminosa puntiforme posta all'infinito, permette di focalizzare un'immagine perfetta sulla retina. L’aberrazione cromatica trasversale fa sì che la luce proveniente da un punto luminoso sia diffusa sulla retina come un piccolo arcobaleno(1). In campo optometrico il modo più diffuso per quantificare un difetto ottico oculare è quello di riportarlo come errore di vergenza espresso in diottrie. Per questo motivo, definire un modo per mostrare gli errori di vergenza, ossia di potere diottrico, in modo grafico come una mappa su tutta la pupilla può essere d’aiuto per comprendere meglio il significato di mappa aberrometrica(2).

Le mappe dell’errore di vergenza sono rappresentazioni grafiche della differenza fra la vergenza della luce rifratta e la vergenza di una sfera di riferimento centrata sul piano retinico. Per un semplice errore di defocus, miopia o ipermetropia (Fig 1a), l’errore di vergenza ha lo stesso valore in ciascun punto della pupilla (Formula per l’errore del fronte d’onda miopico o ipermetropico W(x,y) = 2(x2 + y2) - 1). Per errori sferocilindrici (Fig 1b) la vergenza varia a seconda del meridiano pupillare.

Le mappe di vergenza di zernike sono usate per rappresentare efficacemente la vergenza di una singola mappa con un set di coefficienti numerici. Questi sono analoghi a polinomi di Zernike usati per decomporre le mappe di fase in somme pesate di mappe fondamentali(1). (Fig.2)

I polinomi di Zernike prendono il nome dal premio Nobel per la Fisica (1953) Frits Zernike, che li scoprì e costituiscono l’omonima Piramide di Zernike.

Normalmente la piramide è composta da ventotto figure, ovvero fino al sesto ordine. Le prime tre figure all’apice della piramide sono forme teoriche che rappresentano un fronte d’onda piano, privo di aberrazioni (3). L'ordine zero, rappresentato dal polinomio che sta al vertice della piramide, è una costante. Il primo ordine ha due termini che rappresentano il disallineamento sull’asse ‘x’ e ‘y’. Il secondo ordine include tre termini: defocus e l’astigmatismo regolare nelle due direzioni principali (in qualche modo sfera+cilindro+asse, ovvero defocus sfero-equivalente ed astigmatismo) (3)(4). Il terzo ordine ha quattro termini, due relativi al coma e due al trifoglio ortogonali tra loro. Il quarto ordine ha cinque termini tra cui trifoglio, secondo astigmatismo e aberrazione sferica. I gradi dei polinomi continuerebbero ma otticamente risultano rilevanti i polinomi di Zernike equivalenti al sesto ordine. Gli ordini dal terzo in avanti sono considerati Alto ordine. La correzione a tempiale è in grado di compensare le aberrazioni fino al secondo ordine. Le aberrazioni di Alto ordine sono utilizzate per quantificare la severità del deterioramento della qualità ottica dell’occhio e per la valutazione più approfondita dei trattamenti chirurgici (4). Si stima che in un occhio ‘normale’ le aberrazioni di Alto ordine siano limitate al 15-20% delle aberrazioni totali (3).

La teoria classica delle aberrazioni è stata sviluppata da Seidel per sistemi ottici simmetrici, sfortunatamente però la mancanza di simmetria nell’occhio umano richiede una descrizione più generale come l’espansione di Zernike(5).

Partendo dalla sommità della piramide di Zernike osserviamo l’ordine zero che come detto è una costante di riferimento. Il primo ordine è formato da due termini che rappresentano il disallineamento o meglio il ‘tilt’. L’aberrazione di ‘tilting’ si può definire come quella che si realizza quando un aberrometro, che registra i raggi luminosi che escono dall'occhio, rileva un fascio parallelo, ma inclinato rispetto a quello ideale. In questo modo i raggi aberrati formano un fronte d'onda, che è sempre rappresentato da un piano, con la differenza che si presenta inclinato rispetto a quello di riferimento. Il tilting è un'aberrazione che richiede l'inclinazione di un asse, come accade per gli astigmatismi(5). Per questo motivo sulla piramide troviamo due polinomi relativi al tilting.

Osservando la piramide di Zernike e scendendo al secondo ordine troviamo Defocus e Astigmatismo. Nel caso del Defocus il sistema ottico non presenta deformazioni ma non è del potere corretto a far focalizzare l’immagine sulla retina. Nel Defocus quindi il fronte d'onda è sempre rappresentato da una superficie sferica ma con un raggio di curvatura differente rispetto al fronte d’onda ottimale di riferimento. Per quanto riguarda l’aberrazione di Astigmatismo (Formula per il fronte d’onda dell’astigmatismo W(r,θ) = r2 cos2θ in cui si combinano una parte polinomiale ed una armonica) il discorso diventa più complesso. Pensiamo ad un semplice obiettivo astigmatico, questi avrà due poteri differenti sui due meridiani principali. Sulla superficie del fronte d'onda ad ogni meridiano corrisponde un arco di circonferenza a diverso raggio di curvatura tanto minore quanto maggiore è la rifrangenza(5). Esiste anche un secondo astigmatismo e serve a quantificare l’entità e l’asse dell’astigmatismo stesso. Ma soffermiamoci sulle aberrazioni relativamente più semplici. Passiamo ora al terzo ordine e quindi all’aberrazione di Coma e Trifoglio.

L’aberrazione di Coma (Formula per il fronte d’onda della coma W(r,θ) = (3r2 - 2r) sen(θ) in cui si combinano una parte polinomiale ed una armonica) (Fig 3b) è una calotta concava di forma irregolare che ha un punto di maggiore curvatura decentrato rispetto all'asse ottico. L'aspetto ricorda quello di una cornea affetta da cheratocono. Il tilting e coma sono due aberrazioni strettamente imparentate.

Nel tilting (Fig 3a) il fascio di raggi uscenti dall'occhio è formato da raggi paralleli solo inclinati rispetto a quello ideale. Nella Coma invece i raggi sono effettivamente convergenti in basso e divergenti in alto e possiamo quindi affermare che in questo caso l'occhio è miope nei settori inferiori per diventare ipermetrope in quelli superiori. Questa variazione delle vergenze comporta una complicazione della forma del fronte d'onda che dal piano inclinato del tilting si trasforma in una superficie curva con due oscillazioni del meridiano(5) (ecco spiegato il perché delle due raffigurazioni polinomiali della Coma).

La coma potrebbe essere quasi considerata un secondo tilting. Osservando l’immagine sarà più semplice capire la differenza tra le due aberrazioni.

Nell’aberraziomne di coma abbiamo una sola area di massima rifrangenza contrapposta ad una a rifrangenza minima ed entrambe giacciono sullo stesso meridiano.

Nel Trifoglio le aree diventano tre (nel pentafoglio cinque).

Passiamo all’ultimo tipo di aberrazione che andremo a descrivere con più precisione in quanto è un’aberrazione otticamente familiare. Non ci dilungheremo ulteriormente con la descrizione degli altri polinomi non perché meno importanti ma perché è già sufficiente e complessa la comprensione di quelli visti fino ad ora. Parleremo dell’aberrazione sferica, sita al centro del quarto ordine. Aberrazione sferica così definita perché è propria del diottro sferico. Si ha aberrazione sferica quando i raggi periferici focalizzano prima o dopo rispetto ai raggi parassiali e il fuoco non si forma quindi in un solo punto, ma si disperde in un segmento compreso tra il fuoco periferico e quello centrale.

Viene definita aberrazione positiva quando i raggi periferici convergono prima dei raggi parassiali e con aberrazione negativa quando i raggi periferici convergono dopo rispetto ai raggi parassiali. Per ovviare al problema di aberrazione sferica servirebbe un diottro in grado di variare la curvatura tra la parte centrale e quella periferica, o meglio servirebbe un diottro con curvatura maggiore al centro e minore in periferia, questo prende il nome di superficie prolata. Al contrario una superficie con curvatura minore al centro e maggiore in periferia prende il nome di superficie oblata(5). La superficie prolata tende a dare un’aberrazione sferica negativa mentre la superficie oblata un’aberrazione sferica positiva. La superficie anteriore della cornea ha tendenzialmente una superficie prolata, una superficie sferica avrebbe un’aberrazione sferica positiva, la prelatura tende ad eliminarla (anche se la superficie prolata di una cornea media non è in grado di annullare completamente l’aberrazione sferica positiva). L’aberrazione sferica comporta due fenomeni fondamentali: diminuzione della sensibilità al contrasto (aspetto decisamente negativo) e l’aumento della profondità di campo (che caratterizza un’immagine focalizzata da un obiettivo con aberrazione sferica). La profondità di fuoco riguarda il sistema ottico, la profondità di campo si riferisce all’immagine prodotta. La dispersione del fuoco lungo un segmento permette al sistema ottico di aumentare la propria profondità di campo.

La caustica (vedi BOOM Blog Febbraio 2022) dell’aberrazione sferica è molto semplice, i raggi luminosi non focalizzano in un punto, ma in un segmento compreso tra i due raggi periferici e di quelli parassiali per di più questo segmento coincide con l’asse ottico(5).

Dopo esserci addentrati nella descrizione delle principali figure polinomiali e aver visto approssimativamente quelle che sono le principali aberrazioni passiamo alla lettura e all'interpretazione delle mappe aberrometriche in scale di colore.

Osserviamo la Figura 4 per facilitarne la comprensione.

A sinistra (immagine grande) è riportata la mappa delle aberrazioni totali (somma di tutte le aberrazioni), in alto a sinistra è riportata la mappa dall’astigmatismo, in alto a destra quella dell’aberrazione sferica. In basso a sinistra possiamo vedere la mappa dell’aberrazione di coma e in basso a destra l’insieme di tutte le restanti aberrazioni. Osservando l’immagine dell’astigmatismo vedremo come è rappresentato un astigmatismo secondo regola. La distribuzione dei colori presenta il blu sull’asse verticale (più curvo) e il rosso su quello orizzontale, con un aspetto molto più simile alla mappa topografica altimetrica rispetto alla mappa topografica di curvatura. Questo tipo di rappresentazione è nota con il termine OPD, dove ad esempio un’immagine aberrometrica di un defocus miopico avrà la colorazione rossa al centro immagine e contrariamente blu nel defocus ipermetropico. Situazione completamente opposta per la rappresentazione WFE. Ma teniamo presente che è di gran lunga più diffusa la rappresentazione OPD. Vediamo ora come è possibile ottenere la quantificazione numerica delle aberrazioni. È necessario quantificare la differenza tra la superficie che rappresenta il fronte d'onda aberrato rispetto a quello piano di riferimento. Questa differenza può essere espressa con una distanza lineare e spesso si ha infatti una quantificazione in micron (µ) che rappresenta la massima distanza tra la curva dell'aberrazione e il piano di riferimento(5). Riassumendo possiamo dire che l'entità di un aberrazione è quantificata in micron, che rappresentano la massima distanza tra la superficie aberrata e quella piana di riferimento. Nel defocus e nell’aberrazione sferica si può anche indicare una direzione in un senso o nell'altro per cui la misura potrà essere positiva o negativa a seconda dei casi. In tutte le altre aberrazioni questa distinzione non ha più senso e le distanze dovrebbero essere rappresentati in valori assoluti(5). Ad esempio nella figura sottostante possiamo notare il valore positivo del defocus, seppur sia riferito ad una miopia (colore rosso OPD). (Fig.5)

Vediamo ora rapidamente tre tecniche emergenti per l’analisi aberrometrica: rilevamento della curvatura, rilevamento della piramide e interferometria.

Le prime due tecniche si basano su 'diversità di fase'. Dipendono dal confronto tra fasi in aree adiacenti nell'immagine o nel piano obiettivo di un sistema ottico.

La variazione di intensità è una misura della curvatura locale del fronte d'onda e può essere utilizzata per ricostruire il fronte d'onda(6).

L'altro approccio basato sulla diversità di fase per misurare l’aberrometria dell'occhio è il sensore piramidale. In questo sistema, una piramide trasparente (con la punta rivolta verso la sorgente luminosa) divide l’immagine puntiforme in quattro parti introducendo quattro diverse inclinazioni. Una seconda lente viene utilizzata per coniugare il piano della pupilla di uscita e il piano del sensore CCD. Se l'occhio subisce aberrazioni, l'inclinazione del fronte d'onda locale può essere calcolata dalle relative differenze di intensità punto-punto tra le quattro pupille-immagine(6).

Uno fantastico vantaggio del sensore piramidale è la facile adattabilità del sistema alle variazioni della gamma di aberrazioni che ci si può aspettare nell'ottica dell'occhio umano.

Ad oggi, la tecnica interferometrica più interessante per misurare l’aberrometria oculare sembra essere lo "shearing interferometria”, o “shearografia”, che è una nota tecnica di misurazione degli spostamenti superficiali o per le superfici ottiche o raggi laser. In linea di principio, può essere impiegato per la misurazione dell’aberrometria che esce dall'occhio. La shearografia offre il vantaggio di produrre un fronte d'onda analizzato senza l'uso di un'onda di riferimento, eliminando così la necessità di un separato fronte d'onda di riferimento ideale(6). Vedremo se qualcuna di queste tecniche verrà impiegata nell’analisi aberrometrica ma per il momento ci basta cercare di capire e padroneggiare i principi che stanno alla base dell’aberrometria stessa per poter esserne padroni qualunque sarà la tecnica di analisi utilizzata in futuro.


Figura 1a

Figura 1b

Figura 2

Figura 3a

Figura 3b

Figura 4

Figura 5

Bibliografia:

  1. Zeri F., Calossi A., Fossetti A. , Rossetti A., Ottica Visuale (2012)

  2. Nam J. et al, Describing Ocular Aberrations with wavefront vergence maps(2009)

  3. Lucente A., Rifrazione e Aberrometria, OftalmologiaDomani (2011)

  4. Mattioli R., Principi di topo-abberometria e sue applicazioni in optometria.

  5. Carnevali R., Le aberrazioni ottiche (2014)

  6. Lombardo M., Lombardo G., New methods and techniques for sensing the wave aberrations of human eyes (2009)





A cura di Rossotto Marco