BOOM Stories

BOOM Stories con Civiero Gabriele

In questo numero il Team di BOOM ha avuto l’occasione e il piacere di incontrare Gabriele Civiero, Phd Student e Clinical Demonstrator ad Aston University e membro del Consiglio Direttivo di SOPTI.


Attualmente dove ti trovi e che lavoro stai svolgendo?

Al momento mi trovo a Birmingham, in Inghilterra. Sto svolgendo il dottorato di ricerca, anche noto come PhD, ovvero il primo gradino per diventare ricercatore. Si è ancora studenti ma si effettua un progetto di ricerca della durata di tre anni. Si entra a far parte di un team e si fa ricerca su uno specifico argomento. In questi tre anni si scrivono un sacco di report, si fanno esperimenti, si raccolgono dati e si pubblica il più possibile. Alla fine del dottorato si va a difendere la tesi davanti alla commissione esaminatrice. Una sorta di discussione della tesi di laurea ma portata ad un piano superiore. Una volta dimostrata la validità della tesi si viene proclamati dottori. Una piccola curiosità è legata al fatto che al di fuori dell’Italia si viene proclamati dottori solo se si è medici o se si è svolto il dottorato.


Parlaci un po' del tuo percorso professionale in Italia e all'estero.

Mi sono laureato in Ottica e Optometria presso l’Università di Torino. Ho conseguito l’abilitazione ad Ottico a Genova. Ho aderito al percorso formativo offerto dall’Istituto Zaccagnini in collaborazione con Aston University, a Birmingham, per cui c’era la possibilità di conseguire la laurea inglese, ma frequentando le lezioni a distanza in Italia invece che in Inghilterra, frequentando due anni invece di tre, più un periodo estivo da svolgere a Birmingham per poter fare le esperienze che a distanza non è possibile svolgere. Quindi prettamente tutte le attività pratiche. Contemporaneamente si svolgeva un periodo di osservazione presso l’ospedale di Bologna. In questo modo ho frequentato una delle cliniche oculistiche in cui ho acquisito ulteriori esperienze. Nel 2016 ho concluso questo percorso e per un po’ di anni ho svolto in Italia l’attività di consulente e l’attività di formatore.

Attualmente, come detto precedentemente, sono un dottorando. Mi occupo principalmente di biomeccanica corneale e di glaucoma. Ovvero studio il comportamento “meccanico” della cornea in soggetti con glaucoma e cheratocono. La biomeccanica corneale è un aspetto importantissimo e di cui si dovrebbe tenere conto durante la misurazione della pressione intraoculare. Quello di cui però mi occupo quotidianamente è applicare ai dati raccolti algoritmi di machine learning. Cerchiamo quindi di utilizzare gli algoritmi di machine learning per effettuare una classificazione dei vari parametri di biomeccanica e capire se alcuni sono più importanti di altri, se si può effettuare una differenziazione tra diverse condizioni in fase di diagnosi. Tutto questo per cercare di ottimizzare il più possibile le risorse.

Per fare un esempio molto semplice: si può creare un algoritmo in grado di discriminare se un soggetto è miope, ipermetrope e/o astigmatico valutando i dati dell’autorefrattometro senza che l’operatore sia in grado di maneggiare e analizzare i dati ricavati. Per lo stato refrattivo è molto semplice. Infatti, chiunque abbia anche solo le più semplici nozioni base di ottica visuale è in grado di capire i risultati forniti dall'autorefrattometro. Per patologie oculari più complesse dove i dati da analizzare sono innumerevoli, il machine learning vuole rendere i risultati più fruibili. Al momento è necessario vedere innanzitutto se è possibile realizzare un algoritmo accurato. La valutazione del glaucoma avviene mediante la misurazione della pressione intraoculare, l'osservazione della retina e del fondo oculare e una valutazione del campo visivo. Quello che, come team, vorremmo fare è provare a partire dalla valutazione della biomeccanica corneale, che è effettuata come una tonometria non a contatto, per capire se è possibile ottenere una differenziazione in fase di triage. Lo scopo non è quello di sostituire gli esami precedentemente elencati ma quello di fornire un esame strumentale e una valutazione aggiuntiva per rendere il quadro clinico ancora più completo.


Sappiamo che non è così scontato ottenere l’equipollenza del titolo di laurea all'estero, tu cosa hai dovuto fare? Hai dovuto sostenere esami integrativi?

L’equipollenza di fatto non è ottenibile. Perciò se si viene qui e si chiede di essere riconosciuti come optometristi con la laurea italiana, la risposta che si riceve è negativa, perché sono due percorsi (quello italiano e quello inglese) differenti. Esiste la possibilità di venire in Inghilterra e conseguire la laurea, cominciando un percorso formativo completamente dal principio. Tra l’altro con il discorso legato alla Brexit i costi da sostenere sono aumentati e quindi l’impegno economico è cresciuto significativamente. Un’altra strada che si può intraprendere è quella del riconoscimento della figura dell’optometrista. Mi spiego meglio, si può inviare una richiesta al General Optical Council, che è l’organismo preposto al riconoscimento della professione. Specifico il riconoscimento della professione e non della laurea inglese. Qualche anno fa alcuni colleghi hanno intrapreso questa strada (prima della Brexit quindi effettivamente ad oggi non saprei dire con chiarezza se è ancora possibile agire nello stesso modo) e hanno dovuto sostenere alcuni esami e conseguire i crediti mancanti all'allineamento con il percorso didattico inglese. Al termine degli studi hanno dovuto sostenere l’esame come un qualsiasi studente britannico.



Facciamo un po' di chiarezza, come è inquadrata la figura dell'optometrista nel mondo anglosassone?

Sono presenti due figure differenti: il Dispensing Optician e l’Optometrist. Entrambe le figure professionali dispongono di un percorso universitario. Il Dispensing Optician è la figura equivalente all’ottico, ma ha competenze molto più limitate che in Italia. Non può prescrivere correzioni oftalmiche né fare refrazione. Si occupa dell’occhiale e dell’ausilio in sé. Può prescrivere e applicare lenti a contatto ma solo in seguito ad un percorso di formazione dedicato. L’Optometria in Inghilterra è inquadrata all’interno di “Health and Life Sciences” ed è una professione sanitaria. Rientrando tra le professioni sanitarie, bisogna valutare anche lo stato di salute oculare.

Il percorso che porta a diventare Optometrist dura tre anni più un anno di pratica o tirocinio, che viene definito ‘pre-reg’ in cui si lavora ma si è seguiti da un professionista. Al termine di questo periodo si sostiene l’esame di stato e si diventa Optometristi a tutti gli effetti. Sono doverose alcune precisazioni: vi è un codice deontologico da rispettare, l’assicurazione professionale è assolutamente obbligatoria, l’aggiornamento continuo è obbligatorio quindi è necessario ottenere un certo numero di crediti annuali. È necessario essere registrati al ‘College of Optometry’ e al ‘General Optical Council’.. L’optometrista qui, seppur non possa fare diagnosi come in Italia, può però utilizzare farmaci antibiotici base, anestetici, midriatici e miotici. È possibile, sostenendo un esame e un corso supplementare, prescrivere tutti i farmaci oculari che comprendono anche tutti i farmaci terapeutici. Essendo presente la responsabilità professionale, nel momento in cui durante una visita si rileva qualcosa che esula dalla normalità, che può andare dallo strabismo alla più classica cataratta, è necessario fare un ‘referral’. Si invia il soggetto dal medico di base, dal medico oculista o direttamente in ospedale, in base all’urgenza.


Dove vivi qual'è la percezione generale (e popolare) della figura dell’optometrista? É come in Italia associato a un profilo commerciale (legato al negozio)?

Qui la figura dell’Optometrista è tendenzialmente legata ad un profilo commerciale, a meno che non si lavori in Università o in Ospedale. Spesso in Italia l’idea che l’optometrista venga associato ad un profilo commerciale è vista in modo negativo, qui non per forza l’Optometrista si deve occupare della parte commerciale. Spesso il professionista visita il paziente e poi un collega prende in carico il paziente, che nel frattempo diventa cliente e lo segue nella parte legata alla vendita dell’occhiale.


Dove vivi l’università mette a disposizione formazioni post-laurea, master, corsi di specializzazione?

Che io sappia esiste un master messo a disposizione dall’università ma è legato all’ambito clinico e credo che per accedervi sia richiesta la registrazione come Optometrista nel Regno Unito.


Quale consiglio ti senti di dare a un ragazzo che ha appena intrapreso il percorso di studi in ottica e optometria?

Se si vuole arrivare a fare ricerca il consiglio che mi sento di dare è quello di non arrendersi e continuare a sbatterci la testa, io l’ho fatto per anni. Purtroppo, la borsa per il dottorato di ricerca si può vincere al primo tentativo, oppure sono necessari diversi tentativi, per questo consiglio di non arrendersi. Qui vedo colleghi optometristi con una carriera clinica lavorativa di venti-venticinque anni e che decidono, ad un certo punto, di volere qualche cosa di più per il loro percorso e quindi rientrano in Università come ricercatori. É una cosa molto comune, i giovani colleghi dottorandi almeno nel mio dipartimento sono pochi. Se invece si vuole intraprendere la carriera dell’optometrista clinico, il discorso non cambia molto, bisogna studiare e continuare ad aggiornarsi. Bisogna iscriversi ad un'associazione in modo da poter avere la possibilità di ricevere molto supporto (se SOPTI ancora meglio). Bisogna fare tanta esperienza, non accontentarsi e non pensare di essere arrivati subito dopo la laurea. La laurea è un punto di partenza non un punto di arrivo. Spesso tutte le numerose informazioni che si apprendono all’università risultano inutili o di poco conto ma si riveleranno molto importanti più avanti, a ogni studente è capitato di dire “Ma questa roba a cosa mi serve esattamente?” (Non so se qualcuno abbia visto ‘Scrubs’, nel primo episodio JD entra in ospedale e gli sembra di non saper fare niente, dopo quattro anni di medicina non sa fare nulla. Poi dopo qualche settimana le cose iniziano a venire fuori. Anche per l’Università il discorso è lo stesso. Piano piano si capisce e si scopre che ciò che si è studiato ha un'attinenza con la realtà e che praticamente nessuna nozione appresa è inutile). Nel caso che vi porto come esempio, ovvero quello anglosassone, usciti dall’università gli studenti, devono comunque intraprendere un ulteriore anno di formazione pratica supervisionata che li guida alla professione. Non esiste un’università o una scuola da cui si esce e si è pronti e formati per svolgere in piena autonomia la professione. È quindi fondamentale continuare ad aggiornarsi attraverso la lettura della letteratura scientifica, la partecipazione ai congressi e i corsi di aggiornamento. È necessario parlare e confrontarsi tanto con i colleghi. Cercare di creare una rete di collaborazione con colleghi, ortottisti ed oculisti. Consiglio di iniziare a lavorare il prima possibile una volta usciti dal percorso universitario e di non perdere tempo a cercare l’Eldorado, fare tanta esperienza e crescere professionalmente perché l’opportunità lavorativa si presenterà.